Lee
Gallagher si è trasferito dal Midwest in California cercando di materializzare i
suoi sogni artistici legati al rock coniugato con le radici del suono
americano. San Francisco prima, Los Angeles e la comunità musicale di Joshua
Tree e dintorni poi, sono stati i suoi primi riferimenti geografici e culturali
in un percorso che lo ha avvicinato al Tom Petty più classico, ai Black Crowes
più melodici e in generale a tutte le colorazioni ‘southern’ che si possono
trovare nell’affollato sottobosco indipendente che si ispira a country music,
blues e soul. Gli Hallelujah, la band che lo accompagna in queste sue ‘scorrerie’
attraverso il Golden State hanno subito diverse trasformazioni ed
impersonificazioni e ora è un quartetto molto ben bilanciato che vede le
chitarre elettriche ed acustiche di Jason Soda, le splendide tastiere di Kirby
Hammel e la sezione ritmica affidata a Jimmy Dewald al basso e a Will Scott
alla batteria. Con questa line-up Lee Gallagher ha inciso questo suo terzo
disco intitolato “L.A. Yesterday” che segue di ben cinque anni il precedente
album omonimo che a sua volta seguiva un interessante ep in cui il nostro
collaborava con Victoria Williams (“Valley Of A Dying Breed”). Gli echi del
classic rock di fine anni sessanta ed inizio settanta, il gusto melodico e
l’incisività dei nomi citati ma anche del retaggio lasciato da Byrds, Flying
Burrito Brothers e Buffalo Springfield sono alla base del suono di questo bel
dischetto che scorre egregiamente attraverso dieci canzoni originali. Con
l’ottimo pianismo che la contraddistingue, il disco si apre con “Highway 10”,
ispirata dalla strada che unisce la città degli angeli al deserto del Mojave,
più e più volte percorsa da Lee Gallagher in questi anni, una melodia subito
invitante ed azzeccata che mostra le doti vocali e compositive del nostro. “Breakin’
Up” unisce canzone d’autore e rock un po’ come il primo Elliott Murphy, con
l’efficace slide di Jason Soda a segnare un brano dal forte sapore ‘sixties’,
“Goodnight Sweet Maria” è rock ballad robusta ed elettrica, derivativa si ma
molto piacevole, ancora il piano di Kirby Hammel protagonista della seguente “Lullaby
For The Acid Queen”, interpretata con un piglio sicuro e con grande cuore da
Lee Gallagher. “Feed Your Flame” è acustica ed eterea, uno dei momenti più
intimi ed accorati, “Astral Plane Blues” anche grazie all’armonica tipicamente
blues vira verso il sud, ricordando non poco il sound dei ‘Corvi Neri’, così
come la pregnante “California Divide” con il suo approccio deciso, mentre
“County Line” sembra una ‘outtake’ di Tom Petty e mette una gran nostalgia. A
chiudere l’album due midtempo dal passo sicuro, “Gone Today” e “Rollin’ Out” a
rimarcare ispirazione e talento da parte di un nome da tenere assolutamente
d’occhio in futuro.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento