E’
da parecchi anni che Amy Alvey e Mark Kilianski codividono il loro profondo
amore per la tradizione e per i suoni roots nelle accezioni più varie. Boston,
Massachussetts prima di tutto dove si sono entrambi diplomati al prestigioso
Berklee College of Music e dove sono stati ‘contagiati’ dalla passione per
old-time music e bluegrass, poi la decisione di girare gli States a bordo di un
van e sperimentare in prima persona la vita ‘on the road’ partecipando a decine
di festival celebrando il contatto con il pubblico che ne ha plasmato sonorità
e attitudini ed infine, tra un tour e l’altro la scelta di risiedere ad
Asheville, North Carolina per stare ‘immersi’ nelle più autentiche location
legate alla musica che propongono. Golden Shoals è il loro nuovo progetto (dopo
alcuni lavori incisi sotto il nome di ‘Hoot and Holler’ tra il 2014 ed il 2018)
e questo album omonimo sta a rappresentare tutta la freschezza di un repertorio
originale e sufficientemente variegato per fare breccia nei cuori di chi ama la
roots music, passando agevolmente dalla country music al bluegrass e dandone
una rilettura ricca di sfumature. Il fiddle di Amy Alvey e la chitarra ed il banjo
di Mark Kilianski sono naturalmente in primo piano in tutte e dodici le canzoni
che formano il disco in un suono talvolta irrobustito dal contrabbasso e dalla
batteria di Landon George e dalle percussioni di Matt Lohan, così come chitarra
elettrica, basso, organo e vibrafono ‘imbracciati’ dai protagonisti in un
contesto comunque prettamente acustico. Tra i molti momenti da sottolineare per
gusto e genuinità mi piace sottolineare “Everybody’s Singing” che swinga alla
grande e introduce nel migliore dei modi la scaletta con un godibilissimo
intrecciarsi di fiddle e chitarre elettriche, “Old Buffalo” nella sua splendida
veste acustica che rimanda le indimenticabili pagine dell’amato Norman Blake, “(Who’da
Thought) Thinkin’ ‘Bout The Good Times” e “Love From Across The Border” che a
me ricordano l’entusiasmo e la freschezza dei Old Crow Medicine Show, “Honey
You Don’t Know My Mind” dalla melodia tanto semplice quanto coinvolgente,
“Brood Of Hate” con il suo incedere ipnotico ed affascinante, la corposa country
music di “Going Down, Down, Down” e la bella e ruvida “Sittin’ Pretty” ancora
con l’incisiva chitarra elettrica di Mark Kilianski. Disco dal fascino
artigianale che risulta sempre piacevole e godibile.
Remo Ricaldone
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