Nato
e cresciuto a Los Angeles ma ora residente a Nashville, Bart Ryan fa
dell’onestà, dell’amore per le radici (rock e soul soprattutto) e della lucidità
di scrittura le sue armi principali. Chitarrista pregevole, bravissimo anche
alla lap steel, Bart Ryan arriva al suo disco numero cinque dopo tre anni di
lavoro compositivo, terminato con non poche difficoltà a causa del drammatico
tornado che ha colpito Music City ad inizio 2020 e della pandemia mondiale.
“Starlight And Tall Tales” è un album di cui Bart Ryan può andare fiero perché
racchiude le sue aspirazioni e le sue influenze (Stevie Ray Vaughan ed Albert
Collins su tutti ma anche la poetica di personaggi come Emily Dickinson e Tom
Waits), dieci canzoni che attraversano rock e radici con energia e vitalità.
Con lui ci sono prima di tutto il basso esperto ed ispirato di Ted Russell
Kamp, i fiati di Jeff Byrd e Steve Smartt a colorare alcuni momenti, le
tastiere di Mark Kovaly e la solida batteria di Jim Evans e il suono che ne
esce è limpido, genuino e spesso trascinante. Dalle colorazioni ‘black’ di
“Wanna Be” al contagioso rock’n’roll fiatistico di “Tonight Tonight” con il
sapore di certe cose di Bob Seger, dalle splendide inflessioni ‘southern’ di
“Desire” con tanto di slide acustica al rockin’ blues politico di “Evil”, le
sfumature sono molteplici e contribuiscono ad una varietà di temi che mantiene
alta l’attenzione dell’ascoltatore. A Bart Ryan non piacciono le etichette e
non gradisce essere inquadrato come musicista blues anche se è un suono che ha
amato profondamente. Le sue sono radici esplorate con vigore e tanto talento e
“Starlight And Tall Tales” merita attenzione e rispetto.
Remo Ricaldone
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