Nuova
ed attivissima band che proviene dal Minnesota, i Soo Line Loons sono già al
terzo album in poco più di due anni e questo loro nuovo disco omonimo non fa
che attirare l’attenzione di chi apprezza alternative country e suoni simili.
Molto seguiti e amati per il loro focoso ‘appeal’ in concerto, i Soo Line Loons
nascono grazie all’incontro di Grant Glad e Robin Hatterschide, interessante
polistrumentista il primo, batterista il secondo che ben presto hanno
arricchito la line-up con il bassista Matthew Fox (ottimo anche a lap steel ed
armonica), l’amico di infanzia di Grant Glad Erik Lofstgaarden a mandolino,
tastiere e banjo e la madre di Robin Hatterschide, Kristi, violinista di
estrazione folk. L’approccio è intenso e spesso trascinante, fascinoso e
misterioso in alcune belle ‘murder ballads’, legato si alla tradizione ma con
molte deviazioni in un percorso mai scontato o banale. “Old Mill” e “Been A
Long Winter” fissano subito coordinate forti e solide, sorprendendo poi con una
“Can’t Stop Singin’ The Blues” che aggiunge caratteristiche ‘black’ ad un
melodia comunque importante, così come “Don’t Let Me Go”, contagiosa per le sue
sonorità un po’ ‘swampy’ e sudiste. “Hope” gode della presenza della notevole
slide guitar nelle mani di Charlie Parr, ospite prezioso che arricchisce
atmosfere prettamente ‘country flavored’, così come bella è la melodia di “What
They Don’t Tell You” e la conclusiva “Amen” è ballata toccante ed intensa. Non
manca qualche piccolo neo, qualche peccatuccio di gioventù che però non inficia
un giudizio positivo su una band che con un po’ di fortuna potrà dire la sua
nell’affollato mondo roots americano.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento