Hope
Dunbar è cresciuta con il miglior ‘imprinting’ musicale che ne ha forgiato doti
compositive e soprattutto approccio fresco, dinamico e incisivo. Indigo Girls,
Nanci Griffith, Patty Griffin, John Prine e inevitabilmente Joni Mitchell sono
riferimenti a cui Hope non rinuncia mai nel suo sound e questo suo secondo
disco intitolato “Sweetheartland” è il manifesto più nitido del suo essere
cantante ed autrice. La sua voce è sempre ‘pungente’ e stimolante così come è
irresistibile è la sua scrittura che prende a piene mani dal patrimonio più
genuino della musica americana, dal folk alla country music fino al gospel e
alla più nobile tradizione pop. Vincente è poi la produzione affidata alla
coppia Jesse Thompson e Zach Smith, capaci di far emergere tutto il candore, la
poesia e l’umanità contenute in queste canzoni, tutte significative e
profondamente vissute. L’artista ora residente in Nebraska dopo essere
cresciuta in California, aver vissuto in Iowa e fatto esperienze di studio in Sudamerica, ha qui raggiunto una maturità che si esplica anche nel saper
affrontare brillantemente inflessioni soul come nella calda ed accorata “Dog
Like You”, fare un tributo assolutamente struggente al mentore John Prine nella
canzone dallo stesso titolo e poi profondere a piene mani grinta, verve e
grazia allo stesso tempo in brani come l’iniziale “Sweetheartland”, “Evacuate”,
“Dust”, “What Were You Thinking?” e “Woman Like Me”, quest’ultima a
sintetizzare il suo saper portare a livelli notevoli canzone d’autore e radici.
Un album questo che farà felici coloro che amano i cantautori ma anche quelli
che apprezzano roots-rock e quel particolare accostare country e folk, qui
sempre ispirato e autentico.
Remo Ricaldone
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