Rachel
Baiman è musicista dalle molte sfaccettature:
nata a Chicago e cresciuta artisticamente a Nashville, ha via via
acquisito esperienze che dall’iniziale amore per la tradizione folk l’hanno
portata a sonorità che con questo suo suo nuovo lavoro intitolato “Cycles”, a
quattro anni dal precedente “Shame”, si arricchiscono di sfumature country-folk
ma con attitudini che pescano da certo rock e pop pur rimanendo con la barra
dritta verso suoni roots. Le canzoni che compongono l’album hanno vari livelli
di lettura e convergono tematicamente sui ‘cicli’, storici, sociali e
personali, tutti affrontati con estrema convinzione e maturità, portando alla
luce un nome nuovo che apporterà ulteriori spunti all’attuale scena
indipendente americana che guarda con attenzione al proprio retaggio ma lo interpreta
con fascinazioni contemporanee. L’intensità delle performances, l’attenzione
agli arrangiamenti cercando di ottenere il giusto equilibrio tra semplicità e
ricchezza cromatica, la qualità della scrittura, sono tutti elementi che
rendono godibile ed importante questo lavoro, certamente il più intrigante
della ancora breve carriera artistica di Rachel Baiman. Tutto il materiale è
firmato dalla stessa Rachel, talvolta con la collaborazione di Olivia Hally,
fortemente coinvolta anche nella produzione e nelle session come musicista, con
l’eccezione di una splendida cover di “Rust Belt Fields”, una delle tante
notevolissime canzoni firmate dalla coppia Rod Picott e Slaid Cleaves, due tra
i più interessanti songwriters americani. Molti sono i momenti da sottolineare
per intensità e acume e chi scrive mette in primo piano “Joke’s On Me” dalla
melodia coinvolgente e dal gustoso passo country, la deliziosa “Wyoming
Wildflowers” che la avvicina ad altre ottime figure femminili come Kris
Delmhorst e Lori McKenna, le tentazioni acustiche di “When You Bloom
(Colorado)”, “Ships In The Night”, la sua poesia e un affascinante banjo in
sottofondo, “No Good Time For Dying” country song spogliata da ogni orpello e
diventata intensa ballata sui ‘cicli della vita’ e “The Distance” che suggella
in chiusura un approccio sempre limpido e pregno di significato. “Cycles” è il
classico disco che cresce con gli ascolti e che una volta entrato nel cuore non
si abbandona facilmente.
Remo Ricaldone
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