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di ventanni assieme, ventanni di condivisione, di amore per le radici, per quei
suoni riscaldati dal sole californiano che hanno rappresentato una ventata di
aria fresca e di buone vibrazioni. I See Hawks In L.A. tornano con un nuovo
disco a ribadire quanto affiatati siano ancora e quanto il loro accattivante e
fresco mix di country music, folk e americana risulti sempre tanto semplice
quanto efficace. Le chitarre di Rob Waller e di Paul Lacques, il basso di Paul
Marshall e le percussioni di Victoria Jacobs, le loro canzoni, le loro visioni
musicali sono una vera ode alla loro terra e non disdegnano in molti brani
profonde riflessioni sui tempi che stiamo vivendo, sulle emergenze ambientali e
sulle problematiche sociali, celebrando nuovamente le molte miglia percorse
insieme e le molteplici influenze dettate dall’aver diviso i palchi con gente
come Chris Hillman, Dave Alvin, Peter Case, Lucinda Williams e Ray Wylie
Hubbard, tutti, in un modo o nell’altro, ispiratori di quello che è il loro
suono attuale. Un inevitabile pizzico di psichedelia pervade alcune delle
canzoni di “On Our Way”, così come solide sono le reminiscenze legate ad un
ruvido e sporco roots-rock a la Dave Alvin nella abrasiva “Mississippi Gas
Station Blues”. Spesso ci sono inflessioni ‘sixties’ come in “Kensington
Market” in cui viene dato spazio vocale a Victoria Jacobs mentre ad
impreziosire gli arrangiamenti ci sono qua e la il fiddle di Brantley Kearns,
veterano di mille sessions, la fisarmonica di Richie Lawrence e la pedal steel
di Dave Zirbel, protagonista della splendida “Geronimo”, immersa nella sua
affascinante atmosfera western. Molti sono comunque i momenti da citare come
l’iniziale “Might’ve Been Me” ed i suoi intrecci acustici, “Kentucky Jesus”,
intensa e poetica, “Stealing” la cui melodia si adagia pigramente sul mare
californiano, “If I Move” che rimanda alle passate stagioni westcoastiane tra
country e rock così come la title-track “On Our Way” che ripercorre le strade
intraprese dai Byrds più legati alle radici. Un disco questo che conferma la
bontà della proposta di una band che imperterrita prosegue un viaggio musicale
ed umano genuino e sincero, un viaggio tra l’oceano ed il deserto che continua
a stregare chi ha amato le commistioni tra le radici e i suoni più
contemporanei e continua a farlo nonostante tutto.
Remo Ricaldone
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