Chuck
Melchin è uno dei più interessanti autori e musicisti della scena indipendente
americana che guarda alle radici come spunto per descrivere con potenza e
profondità la società in cui vive, un personaggio dalla grande vitalità ed
irrequietezza che si è espressa negli anni attraverso attività solista e come
frontman di ‘collettivi’ veramente importanti. The Bean Pickers Union da almeno
una quindicina di anni sono la sua casa (oltre al ‘side project’ Los Brujos) e
rappresentano uno dei segreti meglio custoditi degli intrecci tra rock e
radici. Le attitudini rock si sposano
perfettamente con il massiccio uso di strumenti acustici e la scrittura
eccellente di Mr. Melchin li ha resi realtà intrigante che ora si avvale di un
importante ed esaustiva occhiata alla propria (comunque parca) produzione.
“Greatest Picks” è infatti, attraverso 18 brani lungo una durata di circa 70
minuti, la migliore occasione per fare la loro conoscenza, per abbeverarci alla
fonte ispirativa che unisce country music, folk, fascinazioni del border (un
esempio per tutti la magnifica “Burning Sky”) e lo sguardo disincantato ma
anche coinvolgente all’America di confine in un viaggio che condensa emozioni e
storie avvincenti. I quattro album incisi dai Bean Pickers Union sono tutti ben
rappresentati ed in aggiunta ci sono quattro canzoni inedite ad insaporire un
piatto gustoso e intrigante. “Reaper” è fotografia dai toni seppiati e
polverosi che con il diario intimista di “Strange”, la frizzante ed
elettrica vitalità di “I’m So Sorry”, l’amore
per le radici di “Tranquility”, l’espressività roots-rock di “Independence Day”
(che personalmente mi ricorda un po’ i Drive-by Truckers) e la solida
interpretazione di “Warrior” fornisce la spina dorsale di un racconto
inevitabilmente attraente per chi ha un debole per l’autentica poesia di strada
declinata attraverso tutto la disillusione, la disperazione ma anche la
speranza e la redenzione narrata da Chuck Melchin e i suoi Bean Pickers Union.
Remo Ricaldone
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