James
Maddock, l’'americano' di Leicester, UK, firma con questo nuovo “Little Bird In
The Neighborhood” il suo lavoro più vario e completo, un disco che concentra
ottimamente le sue molte anime, il suo amore per la tradizione folk, per Van
Morrison, per il rock e per la canzone d’autore declinati sempre con grande
cuore e passione. Entrando nel vivo dell’album l’apertura è inequivocabilmente
‘folkie’ con chiare similitudini con le più belle stagioni dei Waterboys di
Mike Scott alle quali “The Pride Of Ashby de la Zouch” si avvicina per spirito
e principi (e con la presenza al violino di Steve Wickham), “Under Milky Wood”
è ballata acustica delicata a cui James Maddock dona quel sapore agrodolce
grazie ad una vocalità inconfondibilmente roca mentre la canzone che da il
titolo all’album ha suoni ‘sixties’ grazie all’organo di Brian Mitchell e a una
melodia che nel refrain si apre nitida. “Cry Jesus” è un altro momento topico
del disco, una canzone dal sapore fiero e orgoglioso tra folk e rock che si
avvale di una performance solida, così come la seguente “Coming Sorrow” che
conferma lo stato di grazia di James Maddock anche come autore (tutti i brani
sono a sua firma) e la sempre acustica “Prairie Grave” che torna a visitare i
lidi di Mike Scott e soci. Gli arrangiamenti sono un altro dei motivi per
apprezzare il disco, curati dallo stesso James Maddock che sceglie di
prediligere l’acustico ma che non disdegna di ‘riempire gli spazi’ con una
bella serie di strumenti nelle mani di vecchi amici come David Immergluck al
mandolino e una sempre ispirata sezione ritmica con Aaron Comeau alla batteria
e Ben Rubin al contrabbasso. “Another Chance” è cristallina e gustosamente
dylaniana, “The New Things Getting Old” è ballata sussurrata e dal retrogusto
folk, seguita da “No Dancing” che gioca ancora con le emozioni più intime e
delicate. Il commiato per un album tra i più belli del musicista inglese (prima
di una ‘hidden track’ che è un divertissment dedicato a Maradona e musicalmente
rimanda al latin-rock di Santana) è affidata a una “Crystal Night” (il cui
testo si riferisce alla tragica ed infausta ‘Notte dei Cristalli’) che si
avvicina a certe cose del Bruce Springsteen più accorato, sia per l’incipit
strumentale che la apre sia per l’interpretazione, sempre convincente. Disco
che chiede di essere più volte ascoltato e goduto.
Remo Ricaldone
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