Tra
le più intriganti figure che affollano il circuito roots di Los Angeles per
grande tecnica strumentale, per saper fondere stili diversi (folk, country,
pop, blues) e per eccellente personalità, Abby Posner ha ottenuto critiche
molto positive e una solida base di ascoltatori sia come solista che come guida
della band Abby and The Myth, spesso sul palco con i Dustbowl Revival e Sierra
Hull. Come per molti altri artisti la pandemia l’ha costretta a rivedere i suoi
piani e a rimettersi in gioco, riconsiderando valori e riferimenti come i
rapporti interpersonali, le ingiustizie sociali e le problematiche riguardanti
la depressione. In “Kisbee Ring”, album concepito e costruito in solitaria, dalla
scrittura alla produzione e alle performance, ci sono un po’ tutte queste
tematiche, raccontate con accorato coinvolgimento e limpida poesia creando un
mondo acustico in cui esprimersi al meglio. Le uniche collaborazioni sono
quelle vocali di Mary Scholz in “Joshua Tree”, splendido quadretto con il banjo
in primo piano e una melodia folkie affascinante, e Ross Newhouse alla voce e M’Gilvry
Allen al fiddle nella intensa “Wishing Well”, due dei momenti più importanti
dell’album. Il resto è Abby Posner in perfetta solitudine che intrattiene con
sapienza e piglio convincente, basta lasciarci coinvolgere dalla purezza di “Is
It Wrong”, dai significati profondi e le tinte pop di “Emergency Use Only”, dal
fascino acustico e quasi ‘beatlesiano’ di “The Trilogy” e dalla bellezza
struggente di una melodia come quella di “Blind Spots”. Bastano queste quattro gemme, assieme agli altri due momenti citati, per consigliare “Kisbee Ring”,
disco che rimarrà a lungo nei nostri lettori cd.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento