Martin
Harley, Daniel Kimbro e Sam Lewis sono da tempo protagonisti della scena roots
statunitense, fini cesellatori di suoni che incrociano un po’ tutte le facce
della tradizione, dalle radici appalachiane folk e country al blues e al
gospel. Il loro stile è particolarmente composito e l’approccio rimanda a
quello del primo Ry Cooder, figura certamente ispiratrice dei tre, consciamente
o meno. Tutti loro hanno attività separate che li hanno visti affrontare con
rigore ma anche con personalità un retaggio che specialmente nel profondo sud
ha condiviso e mischiato generi anche più di quanto si creda, rompendo barriere
razziali ben prima della cosiddetta fine della segregazione. Martin Harley
rappresenta il lato più bluesy e i suoi otto album solisti sono stati accolti
ed apprezzati dalla critica quanto dal pubblico, Daniel Kimbro apporta le
fascinazioni old-timey ed è riconosciuto eccellente strumentista i cui
‘servigi’ sono stati donati a gente come John Hiatt, James Taylor, Alison
Krauss, Jerry Douglas e molti altri, mentre Sam Lewis è autore di vaglia, da
alcuni definito ‘un moderno Townes Van Zandt’ per le sue doti di storyteller.
L’alchimia di queste tre personalità permeano ottimamente questo lavoro,
prezioso ed accattivante e dalle molteplici colorazioni. Un intrigante viaggio
nel tempo nella ‘Old America’, acustico e decisamente accattivante, dal sapore
tra il West e le Hawaii della soffusa “Cowboys In Hawaii” che rimanda al Cooder
di “Chicken Skin Music” alle gustose “Grey Man” e “Neighbors” che introducono
il disco, due brani che danno l’esatta misura del talento dei protagonisti.
“Rosary” è ballata avvolgente suonata in punta di dita, “I Gotta Chair” è in
perfetto equilibrio tra country e folk e la sua melodia la pone tra le
preferite del lotto, “Whiskey Decisions” è nostalgica e un po’ malinconica
mentre “What To Do” è limpidamente country blues. Solo alcuni motivi per
consigliare un album interpretato in maniera esemplare.
Remo Ricaldone
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