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Steve Dawson - Gone, Long Gone

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Steve Dawson, canadese di Vancouver, grande chitarrista ma anche produttore tra i più affermati negli ultimi anni, autore, cantante e molto altro è un personaggio sempre in movimento, impegnatissimo su più fronti. Dal 2013 ha scelto Nashville come base da cui partire per abbracciare una carriera che è stata ed è luminosa dal punto di vista qualitativo e vede condensare con sagacia i suoni roots con particolare attenzione per country blues, soul e in generale tutto quello che proviene dal deep south. “Gone, Long Gone” è un album che segna il suo ritorno all’incisione solista dopo alcuni anni e colpisce nel segno per ispirazione e lucidità di scrittura. Grande è lo sforzo compositivo, condiviso con un altro eccellente canadese, Matt Patershuk, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, con un’unica splendida cover che varrebbe da sola il ‘prezzo del biglietto’, una versione limpida e notevole di “Ooh La La” dei Faces di Rod Stewart e Ronnie Wood. Con le ottime tastiere di Kevin McKendree, la voce di Allison Russell che spesso appare nel corso del disco, i tamburi di Jay Bellerose e Gary Craig a dividersi i compiti ma soprattutto le chitarre dello Steve Dawson, “Gone, Long Gone” si dipana con grande bellezza attraverso dieci episodi che conquistano per genuinità e passione. L’iniziale “Dimes” e “King Bennie Had His Shit Together” (con il bel fiddle di uno dei veterani di Nashville, Fats Kaplin) fanno emergere una straordinaria bravura alla slide che può tranquillamente avvicinarsi al gusto e alla tecnica di un Ry Cooder o un Sonny Landreth, la title-track ha tutto il fascino del folk più struggente con in più un fine lavoro di pedal steel, “I Just Get Lost” ha continui cambi di ritmo e mantiene alta la qualità anche grazie al bel lavoro di chitarra acustica in fingerpicking,  “6 Skeletons In A Car” è un altro piccolo gioiellino dall’aura misteriosa ed affascinante. Da sottolineare ancora una volta il limpido stile chitarristico di Steve Dawson su cui si basa lo strumentale “Cicada Sanctuary” e “Time Has Made A Fool Out Of Me” che suggella un album da gustare dall’inizio alla fine.

Remo Ricaldone

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