Sembra
che per Scott Martin il tempo non si sia per fortuna fermato a quel grave
incidente in montagna che mise in forte pericolo la sua vita e interruppe una
più che promettente carriera musicale che negli anni ottanta il musicista
nativo del Pacific Northwest ma da anni residente ad Austin, Texas, stava
facendo sbocciare. Già nel 2018 Scott Martin aveva dato alle stampe un disco
intitolato “Missing” che lo riportava sulle scene dopo un periodo lunghissimo e
che, con apparizioni degne di nota ad alcuni dei migliori festival dedicati
alla canzone d’autore come Kerrville e Telluride, sottolineava una vena ancora
freschissima che prendeva ispirazione alla grande tradizione cantautorale
legata al folk e alla country music. Ora “Corners Of The World” aggiunge
ulteriore conferma ad un ottimo talento con una selezione ispiratissima nobilitata
da una produzione impeccabile (con l’esperto Ed Berghoff alla consolle), da una
facilità di scrittura e da una grande attenzione alle linee melodiche che rende
l’album accattivante ed attraente. Interessanti gli incroci acustici che spesso
guidano le armonie e che non nascondono l’amore per la tradizione anche se i
modelli sono personaggi come Dan Fogelberg, Tom Rush, il John Denver più roots
dei primi dischi e tutta quella generazione di songwriters che specialmente
negli anni settanta caratterizzarono buona parte del mercato americano. Canzoni
come “The Absence Of Angels” che apre nel migliore dei modi l’album, “Can’t
Stop This Train” firmata a quattro mani con un altro ottimo storyteller
residente ad Austin come Terry Klein, “Roxham Road” le cui armonizzazioni
vocali rimandano in qualche momento a quelle di Crosby & Nash, “A Little
Mystery” dalle tenui e calde tonalità, l’evocativa “One More Beautiful Day” che
non sfigurerebbe nel repertorio di James Taylor, l’intensa e lirica “Invisible”
e “Deep Dark Night” rimangono nel cuore e impreziosiscono un lavoro
poeticamente intenso. Da ascoltare.
Remo Ricaldone
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