Da
tempo Christopher Lockett si è trasferito a Los Angeles dalla Virginia
portandosi dietro un solido bagaglio di country music, blues e americana,
interpretata con voce baritonale e piglio sicuro. Cresciuto attorniato da una
famiglia dalle radici profondamente piantate nella tradizione, ha sviluppato un
amore incondizionato per il blues del Delta frequentando Honeyboy Edwards,
Johnny Shines e Robert Junior Lockwood e per storytellers come Townes Van Zandt
e Kris Kristofferson e country singers
come Emmylou Harris e Nanci Griffith, perfezionando ottime doti di narratore di
storie. Tra rock e radici, “At The Station” mostra con bella intensità le varie
facce della personalità di Christopher Lockett in un album autoprodotto con
sagacia da Fernando Perdomo, capace di cucire il suono più adatto pur nelle
limitazioni di un budget inevitabilmente ridotto. Il disco è comunque
estremamente sfaccettato e piacevole, aperto da una tagliente “The Reckoning”
che sorprendentemente ricorda certe cose di Warren Zevon per ispirazione e
potenza a cui segue “In The By And By”, più morbida e country, con il violino
(più volte protagonista in queste sessions) del bravo Korey Simeone. “Driving
To Nashville” coglie ancora nel segno con inflessioni country (rock) che
toccano le corde più intime e autentiche, “Booked To Play The Party” ricorda il
Kris Kristofferson che Mr. Lockett ha sempre visto come ‘nume tutelare’. Quello
che emerge spesso da queste canzoni è la genuinità e la sincerità di un artista
completo che nel corso della sua vita ha fatto anche il giornalista e il
fotoreporter per poi concentrarsi sull’amata musica. Momenti come “Wet A Line”
con le sue limpide linee country con tanto di gustoso duetto fiddle &
banjo, la title-track “At The Station” con il fluido violino di Scarlet Rivera,
l’eccellente “Blues For DeFord Bailey” (stella del Grand Old Opry), breve
strumentale che mostra tutta la bravura di Christopher Lockett all’armonica, “E
Pluribus Unum” tra country e rock che può ancora ricordare il mai troppo
compianto Warren Zevon, la deliziosa “Whiskey For Everything” e il rock-blues a
la Bo Diddley di “Sweat Work” che chiude l’album non fanno che dare ulteriori spunti di
interesse per un lavoro a cui dare fiducia e attenzione.
Remo Ricaldone
0 commenti:
Posta un commento