Jeff
Finlin è ‘in pista’ da più di un ventennio e ha firmato la bellezza di tredici
dischi e tre libri in un percorso che lo ha reso musicista di culto (e con il
suo personale ‘quarto d’ora di notorietà grazie all’inserimento di una sua
canzone, “Sugar Blue”, nella colonna sonora di ‘Elizabethtown’ di Cameron
Crowe, grande rock fan) attraverso un amore incondizionato per il rock
coniugato alla canzone d’autore. John Hiatt, Dave Alvin, Willy DeVille, Chuck
Prophet, Steve Earle e anche John Prine sono stati e sono un fondamentale punto
di riferimento appunto per quell’unire rock e letteratura in un insieme
comunque sempre autentico e sincero, pur con gli inevitabili cali di
ispirazione. “Soul On The Line” vede il musicista di Cleveland, Ohio
controllare ogni passaggio, dalla scrittura alla produzione al contributo
strumentale tra chitarre, percussioni e tastiere, con il supporto di un ridotto
ma ispirato manipolo di amici. L’approccio è quello giusto: voce grintosa ma al
tempo stesso in possesso di quel più volte celebrato ‘romanticismo di strada’
che ci ha fatto amare i musicisti citati in precedenza e molti altri,
arrangiamenti ricchi ma mai ridondandi, corposi ma senza orpelli, spesso con la
presenza di fiati che portano con se i ricordi del Van Morrison degli anni
settanta. Le dieci canzoni che formano l’album mostrano l’ottimo stato di forma
di Jeff Finlin, racontando di un’America forse solo rimasta nel nostro
immaginario con la bellezza del viaggio e degli amori incontrati ‘on the road’
ma ancora capace di rapirci il cuore. Come fanno brani del calibro di “Turn
This Cadillac Around”, “The Great Divide”, la morbida apertura affidata alla
title-track “Soul On The Line”, “Round In The Circle” con tutto il suo asciutto
fascino acustico e “Bardo Time” scandita
dal ritmo di un’anima poetica prestata al rock come Jeff Finlin.
Remo Ricaldone
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