Avevamo
lasciato Nick Nace in quel di Nashville, dove si era stabilito per cercare gli
stimoli giusti e gli appoggi per materializzare ispirazioni importanti che lo
avevano visto debuttare con un eccellente lavoro intitolato “Wrestling With The
Mystery”, splendidamente svolto tra canzone d’autore e country music. La
pandemia ha scombussolato tutti i piani, i suoi e naturalmente quelli di molti
musicisti indipendenti che più di altri hanno patito la chiusura praticamente
di tutti gli spazi vitali, ed è stato quasi inevitabile un ritorno a casa per
vivere con gli affetti più cari. Nel suo caso il nativo Canada è stato il luogo
dove hanno preso corpo le canzoni che ora vengono presentate nel suo secondo
album, “The Harder Stuff”, un progetto ancora una volta di grande fascino che
si propone con un’intensità e una profondità espressiva ancora più intrigante.
Al centro di questo disco ci sono le riflessioni sull’incerto presente, i
rapporti interpersonali che assumono un nuovo significato e i cenni
autobiografici che riemergono tornando nei luoghi che lo hanno visto crescere.
“The Harder Stuff” comunque non si discosta dai toni del precedente album, è
stato inciso nuovamente a Nashville e rappresenta un tassello rilevante nella
crescita artistica di Nick Nace omaggiando l’amore per le ballate country più
autentiche seguendo l’esempio di musicisti come James McMurtry, John Prine e
Brent Cobb per fare qualche nome. Dieci canzoni, l’essenziale, arrangiamenti
dove ogni strumento è sostanzialmente meditato a partire da “Figure 8’s” che
funge da manifesto sonoro. “There’s No Music In Music City” è tra le più
allusive della surreale situazione vissuta nei primissimi tempi della pandemia,
“Little Kid” sposta le suggestioni idealmente verso sud avvicinandosi ai grandi
songwriters texani, così come “The Rio Grande On Christmas Eve” che non ha
bisogno di molte presentazioni ma solo di essere goduta in tutte le sue
colorazioni. “The Piece That Fits” è melodia che scorre con estrema
naturalezza, raccontata con piglio sicuro ed accattivante, con il bel lavoro in
sottofondo dell’accordion di John Calvin Abney, “Someday Is Too Far Away” è una
magnifica ballata elettrica degna del miglior James McMurtry in un gioco di
rimandi dove country music e rock si fondono mirabilmente, “All The Love That
You Need” è ancora interessante con un ottimo lavoro del producer Steven Cooper
alle chitarre elettriche e la title-track “The Harder Stuff” è un delizioso
country waltz che ha il sapore dei classici. Chiudono il disco altri due
momenti di valore a suggellarne la riuscita, la pregevole “The Skin Of Our
Teeth” dall’andamento accattivante e “Last Call”, evocativa e profonda, due
ulteriori motivi per dare fiducia ad un nome tra i più positivi di questi
ultimi anni.
Remo Ricaldone
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