L’area
di Washington, DC è musicalmente tra le aree urbane più vitali in ambito roots
con un bel circuito di locali che hanno permesso di sviluppare e far crescere
una scena variegata e dinamica. David Massey la frequenta ormai da anni (con
qualche puntata nel vicino Maryland) e si è fatto notare per uno stile
decisamente versatile che unisce country music, rock, bluegrass, folk e blues.
La sua produzione consiste in cinque dischi autoprodotti che, nonostante buone
recensioni, non gli hanno permesso di imporsi se non a livello locale. La sua
ritrosia ad andare in tour lo ha certamente frenato ma ha mantenuto tutta la
coerenza nel proporre un suo suono personale, con liriche spesso impegnate
politicamente e socialmente. “Darkness At Dawn” è un ep allungato (o un album
breve) che consiste in sette canzoni che ben inquadrano il personaggio,
interpretato ed arrangiato con bravura e gusto grazie ad esperti musicisti
dell’area di Washington tra cui spiccano il produttore e bassista Jim Robeson,
l’ispiratissimo Casey O’Neill alla pedal steel e soprattutto il chitarrista Jay
Byrd di cui ci siamo già occupati su queste pagine e del cui ultimo lavoro consiglio
nuovamente l’ascolto. Gli intrecci acustici delle chitarre introducono la
canzone che da’ il titolo al disco, fresca melodia di impronta folk, “Nothing”
mantiene le promesse con un’altra limpida melodia e con la pedal steel che è un
po’ il ‘trait d’union’ di queste canzoni e “Watch Your Back In Hell” che assume
connotati folk-rock avvicinandosi alla tradizione britannica con il fiddle di
Ron Stewart in primo piano. “Players” riprende il formato della ballata
acustica di ispirazione folk con la sua melodia semplice ed accattivante,
“Party Of Lies” rimanda, anche grazie al lavoro della chitarra elettrica di Jay
Byrd, a certe cose dei primi Dire Straits e rimane il momento più rock, “From
God We Come” riporta alle atmosfere acustiche con un eccellente duetto
acustica/pedal steel e fa da introduzione alla ballata finale, la dolce
“Daddy’s Wedding Dance” al cui interno viene citato il famoso ‘Canone in D’ di
Johann Pachelbel, con lo stesso David Massey che nelle note del disco si scusa
per aver ‘rubato’ alcuni momenti. Disco che anche per la sua brevità scorre con
facilità lasciandoci in bocca un retrogusto dolce ma mai dolciastro, piacevole
e soddisfacente.
Remo Ricaldone
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