Accostare
un repertorio così importante ed impegnativo è cosa da far tremare i polsi.
Farlo in solitaria con il solo aiuto della sua chitarra, indifesa e
vulnerabile, è quasi temerario ma quello di Kerri Powers, cantautrice del
Massachussetts la cui carriera artistica si è mossa tra rock e radici, è
progetto a mio parere decisamente riuscito. Da queste undici canzoni,
celeberrime o meno conosciute al grande pubblico, emerge tutta la straordinaria
personalità di Kerri Powers, la sua umanità e la sua base culturale e
letteraria. Certo aiuta avere una voce di notevole potenza, ampiezza di
registro e calore ma qui è l’approccio, umile e appassionato, a risplendere e a
rendere “Words On The Wind” disco pieno di spunti e di sorprese. “Can’t Find My
Way Home” di Stevie Winwood dall’immortale album del supergruppo britannico dei
Blind Faith è già un banco di prova impegnativo che Kerri supera con
brillantezza, regalandoci subito dopo una intensissima “The First Time I Ever
Saw Your Face” del folksinger scozzese Ewan MacColl conosciuta attraverso la
superba versione che ne diede Roberta Flack di cui mantiene tutto lo spessore
soul. “Mercedes Benz” di Janis Joplin è intrigante seppur forse un filo meno
delle due precedenti ma è con “Speed Of The Sound Of Loneliness” dell’indimenticabile
John Prine che la Powers torna ai suoi massimi livelli con una versione
limpidissima. “Always On My Mind” è tra gli standard delle musica americana e
la versione di Elvis Presley è quella che colpì particolarmente Kerri Powers,
riconsegnandocela ora con buoni risultati, mentre un altro dei punti più alti
del disco è “I’ll Be Here In The Morning” di un altro gigante della canzone
d’autore americana come Townes Van Zandt. Bella la scelta di riproporre “Cold
Irons Bound” di Bob Dylan, assolutamente non banale, ripresa con vigore e con una
performance vocale strepitosa mentre assolutamente non male sono le cover si
“Something’s On Your MInd” firmata da Dino Valente e “To Love Somebody”,
gioiellino pop dei Bee Gees anni sessanta. A chiudere in bellezza due
eccellenti versioni che rimarcano il valore della proposta, “For The
Turnstiles” (altro momento topico del disco, tratto da “On The Beach” di Neil
Young) e “Jesse” della purtroppo poco nota (qui da noi) Janis Ian. Due
ulteriori chicche di un album che ci regala più di un brivido nella sua estrema
asciuttezza e semplicità.
Remo Ricaldone
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