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KB Bayley - Flatlands

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Presentato da un affascinante scatto in bianco e nero, “Flatlands” è il nuovo disco per KB Bayley, cantautore britannico nato nel nordest, nell’area cosiddetta del Tyneside nei dintorni di Newcastle ma fortemente affascinato dai suoni americani tra folk e country, con l’attrattiva di una proposta che in questo caso si rivela tanto essenziale quanto diretta al cuore. Già il precedente album, “Thunderstorms”, pubblicato nel 2021, metteva in mostra un talento notevole nel cesellare melodie che prendono spunto da alcuni dei suoi mentori come Jason Isbell, John Moreland, Jeffrey Foucault e Tom Waits e incontrano le nostalgiche e malinconiche trame folk della terra nativa. “Flatlands” racchiude tutte le tematiche personali che la vita ci presenta continuamente, felici e tristi, gioiose e tragiche, scarnificando ma non impoverendo un suono in cui il protagonista, con le sue chitarre (acustiche, weissenborn e dobro) e la sua vocalità calda ed avvolgente, è il solo KB Bayley. Il trittico iniziale serve a fissare le coordinate e le tematiche che in seguito, alternando originali e covers, verranno sviluppate e portate a compimento: la title-track “Flatlands”, “Driftwood Avenue” (con la bella armonica di Gavin Thomas, unico e discreto accompagnatore) e “Comet Girl” sfoggiano una buona sicurezza stilistica rimanendo sempre in bilico tra i due lati dell’Atlantico. Significative sono le cover per descrivere passioni ed ispirazioni, con “The L&N Don’t Stop Here Anymore” di Jean Ritchie a sottolineare l’amore per la tradizione appalachiana, “Johnsburg, Illinois” di Tom Waits ad omaggiare il musicista di Pomona, California, “The Black Crow Keeps On Flying” di Kelly Joe Phelps a rimarcare anche l’amore per il delta blues e “Maybe It’s Time” a conferma di quanto l’ex Drive-by Truckers abbia influenzato una buona parte delle nuove generazioni che hanno come punto di riferimento la canzone d’autore. Non meno intense ed evocative sono le canzoni originali che si insinuano con naturalezza, da “Year Zero” a “Time Machine”, fino a “World Without You”. Lavoro questo che è la naturale continuazione del precedente con il quale è caldamente raccomandato.

Remo Ricaldone

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