Gordon
Thomas Ward è uno storyteller nel vero senso della parola, capace di raccontare
storie affascinanti. E alla luce di questo suo quarto disco, una sorta di
concept album che vede al centro della narrazione la natura, l’ambiente che ci
circonda che mai come in questi anni è messo in forte pericolo dai cambiamenti
climatici, conferma la capacità di condensare nell’arco temporale di una
canzone tutte le sue emozioni e le variazioni sonore che fanno di “Whispers
From The Woods” un lavoro estremamente interessante e compiuto. Le liriche sono
sempre profonde, accorate ed intense e la lunghezza dell’album (ben oltre i 70
minuti) non fa che sottolineare quanto sia intrigante il suo mix di country
music, folk, americana e sfumature rock e pop. L’apertura con la title-track è
un lungo prologo che ammalia per le atmosfere delicate e immaginifiche che
sfociano in una melodia preziosa, “The Gift” è ballata intrigante con l’ottimo
dobro nelle mani di Abbie Gardner mentre la seguente “Shine” rimanda al Jackson
Browne più ispirato per un ritornello di grande presa. Più elettrica e pungente
è “Common Ground” che omaggia i musicisti che hanno caratterizzato i nostri
‘anni formativi’ e che in qualche maniera ci hanno influenzato, citando nomi
storici del rock e del folk. “Brilliant” è significativa come il titolo, fresca
e con gli ottimi cello e violino di Andy Happel che dona ulteriori colori ad un
brano suggestivo, “There Was A Time” è cristallina come l’intro di piano che
segna una canzone tra pop e folk con un linguaggio che ricorda, come in altri
momenti del disco, Dan Fogelberg, “Fly” (con il sapore delle ballate di un
Gordon Lightfoot) ancora con il delizioso dobro di Abbie Gardner è solida e
accattivante, sottolineando quanto le radici di immigrati siano alla base di
tutta l’attuale società americana mentre “Push” parla di dipendenze con genuina
sincerità e poesia, nobilitata dalle armonie vocali di Jud Caswell e dalla
chitarra elettrica di Kevin Barry. L’ultima parte dell’album non è meno
ispirata con le deliziose note folk di “Hymn To Love” e di “The 2nd Floor”, quelle elettriche e quasi ‘younghiane’ di “Secondhand” e quelle
romantiche della chiusura affidata a “Evening Bell”, chiusura che congeda un
artista dai molti talenti che merita di essere conosciuto da chi ama la canzone
d’autore legata alle radici.
Remo Ricaldone
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