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Helene Cronin - Landmarks

Pubblicato da Remo Ricaldone |

Helene Cronin aveva debuttato nel 2019 (dopo l’ep “Restless Heart” di qualche tempo prima) con un ottimo disco intitolato “Old Ghosts & Lost Causes” che svelava un’autrice sensibile e una bella voce appassionata e profonda. Per il seguito a quel disco Helene ha voluto fare le cose in modo meditato e attentamente studiato, pur affidandosi alla stessa intelligente e fruttuosa produzione di Matt King e il supporto di alcuni dei migliori nomi di Music City come il chitarrista dei Fabulous Superlatives di Marty Stuart Kenny Vaughn, il bassista Byron House, i tamburi di Jerry Roe, Bobby Terry con le sue chitarre ma anche a pedal steel, mandolino e banjo oltre allo stesso King a chitarre, tastiere e armonie vocali. Ci sono voluti almeno un paio di anni per dare corpo ai brani che compongono “Landmarks”, brani arrangiati in maniera superba, talvolta più acustici e in altri momenti con un maggiore peso strumentale, qualitativamente importanti e dotati di sfumature che rendono l’insieme decisamente godibile. I temi come i rapporti interpersonali e il modo in cui vengono affrontate le difficoltà della vita sono qui espressivi e maturi, visti attraverso la lente di ingrandimento di una personalità di valore, di grande empatia e solidarietà. Molti sono i momenti che toccano profondamente il cuore come “Halfway Back To Knoxville”, ballata intensa e commovente, la ritmata e gustosamente country “Between Me And The Road”, “Just A Woman” riflessiva e con un bel ‘parterre’ di voci femminili che donano ulteriore sostanza alla ballata, la title-track “Landmarks” con una delle migliori interpretazioni vocali dell’album, la solida ed efficace  “What They Didn’t Build”, “Make The Devil” segnata splendidamente dal banjo di Bobby Terry, “What Do You Lean On” con le sue belle chitarre elettriche che danno un sapore ‘byrdsiano’ alla canzone,  “Bodies Of Water” dalle movenze evocative che rimanda ad alcune ballate della grande Mary Chapin Carpenter, la frizzante “Cross That River” che chiude la selezione, tutte ugualmente efficaci e ricche di pathos. Un ulteriore capitolo positivo, un sostanziale passo avanti per una voce da considerare tra le migliori della scena indipendente americana.

Remo Ricaldone

 

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