“Eyes
Closed, Dreaming” è la chiusura di uno splendido trittico musicale proposto
nell’arco di un solo anno da Steve Dawson, musicista e produttore canadese ma
stabilmente residente a Nashville. “Gone, Long Gone” e “Phantom Threshold”
erano stati i primi due capitoli, estremamente sapidi e gustosi, di un percorso
idealmente ripreso e ‘chiuso’ da un lavoro di cristallina bellezza dove la
collaborazione ‘a distanza’ causa pandemia dei vari musicisti non preclude la
riuscita e la coesione del progetto. Questo grazie alla versatilità dei
personaggi coinvolti, ad un repertorio attentamente scelto per fare risaltare
tutta la forza espressiva dei suoni roots, dal soul al folk, dalla country
music al blues e alla sensibilità di Steve Dawson a guidare con mano sicura
arrangiamenti che passano dall’essenzialità della tradizione ai fiati dal sapore ‘southern’ ad archi
dall’afflato profondamente poetico. Spiccano in queste sessions i tamburi del
grande Jay Bellerose, i contributi preziosi di Tim O’Brien al mandolino e Fats
Kaplin a svariati strumenti a corda, le tastiere di Kevin McKendree, le
sontuose armonie vocali di Allison Russell, oltre, tra gli originali, la
partnership compositiva di Steve Dawson e dell’amico e ottimo songwriter Matt
Patershuk, valore aggiunto del disco. Molti sono i brani le cui melodie
risultano piacevolmente note, dal traditional “House Carpenter”, rivisto
ispirandosi all’arrangiamento che ne fecero i britannici Pentangle, a “Small Town
Talk”, ‘signature song’ di Bobby Charles, passando per “Long Time To Get Old”
di Ian Tyson e la classica “Guess Things Happen That Way” firmata da Cowboy
Jack Clement e portata al successo da Johnny Cash. “Eyes Closed, Dreaming” è
album di grande finezza, interpretato con naturalezza e intensità, giocato su
emozionanti intrecci acustici e sul talento di un artista a tutto tondo come
Steve Dawson che negli anni ci ha regalato gioiellini che meritano di essere
ripresi e riconosciuti come alcune delle cose più interessanti pubblicate
nell’ambito roots.
Remo Ricaldone
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