Brian
Kalinec è tra i più apprezzati songwriters in terra texana le cui radici sono
ben piantate nella zona orientale del Lone Star State, area fertile e
ricchissima di spunti letterari e musicali. Riferimenti che appaiono nitidi nei
suoi dischi, lavori che hanno riscosso un buon successo nei festival (Kerrville
su tutti ma anche Mountain Stage) e nei principali club americani. Con la
moglie Pam è proprietario di una delle case discografiche più attive in questi
ambito, la Berkalin Records per la quale incidono nomi importanti della canzone
d’autore tra folk e country come Matt Harlan, Libby Koch, Jeff Talmadge, Jordi
Baizan e i bravissimi Ordinary Elephant. “The Beauty Of It All” è il suo disco
più recente e racchiude attraverso ben quattordici canzoni, tutta la vena
poetica, la sensibilità, la passione e la dolcezza di un personaggio capace di
evocare la magia di luoghi e di personaggi intrisi di cristallina bellezza, arrangiando
il tutto con grande attenzione sotto la produzione di Merel Bregante, tra i
nomi più in vista del panorama texano. Voce estremamente modulata, una ricerca
della melodia che risulta al tempo stesso semplice ed efficace, raccontando
storie autentiche, che scaldano il cuore, Brian Kalinec prosegue il suo
percorso con coerenza muovendosi con sicurezza tra country music e sfumature
folk. Sono molti i momenti da sottolineare per piacevolezza melodica e per un
equilibrio di suoni garantito da una serie di sidemen di grande valore, da Pete
Wasner alle tastiere allo stesso producer Merel Bregante alle percussioni,
dalle armonie vocali della brava Sarah Pierce ai tocchi di pedal steel di Dave
Pearlman, con la gradita ‘ospitata’ di Cody Braun dei Reckless Kelly a
mandolino ed armonica in “Fix-it Man”.
“The Wind” è scritta da Brian Kalinec con un altro ottimo musicista texano,
Mando Saenz, ed è tra i momenti più interessanti, con la title-track “The
Beauty Of It All”, la scorrevole “Breakfast At Midnight”, “Two Roads”, “Big
Hearted” (perfetta per definire il personaggio), “Redwod Fence” e “Next Door
Stranger” a comporre un filo rosso che lega l’un l’altro i brani dell’album
fissandone le coordinate. Un disco questo estremamente godibile, certamente non
rivoluzionario ma che ci fa incontrare un vecchio amico le cui storie
continuano ad affascinare.
Remo Ricaldone
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