Jeb
Barry è tra i più attivi ed interessanti autori/cantanti dell’area ‘americana’
emersi negli ultimi dieci anni, artista la cui scrittura evoca la migliore
canzone d’autore roots prendendo spunto da gente come John Prine, Townes Van
Zandt e anche Jay Farrar, l’ex Uncle Tupelo a capo dei Son Volt. Sia come
solista o come frontman dei Pawn Shop Saints, Jeb Barry ha mostrato la capacità
di stilizzare quadretti di vita puntando su atmosfere che vanno dal folk allo
spirito rock e power pop che sono sempre stati suoi punti di riferimento,
celebrando con talento il suo amore per la letteratura e per l’America di
provincia nella sua accezione più intima e accorata. Jeb Barry in questi ultimi
anni è stato particolarmente attivo anche a causa dello stop causato dalla
pandemia e dal 2020 ha dato alle stampe tre buoni dischi come “Ordinary Folks”,
“Ride My Galaxy” e questo nuovo “Weeds” in cui mostra una maggiore vena folkie ed
acustica ma la stessa intensa scrittura qui espressa attraverso i tredici
capitoli di un racconto spontaneo, profondo ed evocativo. Questo disco, pur a
nome della band, sembra proprio un lavoro da cantautore con la discreta e
soffice base dei fratelli Pisano, Josh alle percussioni e Tony alla
fisarmonica, delle chitarre di Michael O’Neill e dal fiddle di Amy Attias, in
un solido accompagnamento che rimane comunque un leggero passo dietro al
leader. Leader che vuole subito omaggiare il suo grande amore per certo ‘power
pop’ ed in particolare i Big Star in una “Chelsea Off My Mind” che fissa subito
il mood acustico di queste sessions, passando per il fascino del profondo sud
di “Southern Drawl In Heaven” e per lo scottante tema delle stragi nelle scuole
americane di “Generation Lockdown” da cui Jeb Barry è particolarmente toccato
visto che il suo ‘day job’ è proprio quello di insegnante in una scuola
superiore. La statura di storyteller emerge nitidamente in molti dei brani del
disco, da “James” in cui focalizza l’egoismo e la mancanza di empatia nella
nostra società a “The War” in cui si sottolineano i traumi della guerra su
coloro che ne sono coinvolti, fino a piccoli gioiellini come “Twine” dedicata a
John Prine e scritta il giorno dopo la sua scomparsa e come “All Girls Break
Hearts” basata sulle relazioni spezzate e sulle ferite che lasciano. “Weeds” è
un album da penetrare nella sua complessità tematica che riserverà emozioni e coinvolgimento
a chi lascerà aperto il proprio cuore a queste ballate.
Remo Ricaldone
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